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Ragazzi fuori – Vite tra carcere e comunità

Di Andrea Gualtieri
Montaggio: Paolo Saracino.
Riprese: Leonardo Meuti, Antonio Nasso, Andrea Oleandri (Antigone), Adriana Sapone, Maurizio Tafuro.
Una produzione Rep Tv – VisualDesk in collaborazione con Antigone, a cura di Visual Lab (Francesco Collina, Paola Cipriani e Mirko Aloisi)

da Repubblica.it: Ci sono sedicenni con un curriculum criminale di primo piano. E ragazzi che fino al giorno dell’arresto avevano visto il palazzo di giustizia solo passandoci davanti in autobus o motorino. Alcuni l’hanno fatta talmente grossa da dover vivere in carcere un numero di anni che è quasi la metà di quelli trascorsi da quando sono nati. Sanno che, quando usciranno, si saranno giocati la gioventù. E si chiedono da dove ripartiranno. Se lo chiedono, in realtà, anche le centinaia di educatori che li seguono nei 17 istituti penali minorili e nelle decine di comunità sparse per l’Italia. Tra loro ci sono figure instancabili e appassionate. In carcere – ripetono da Torino a Catanzaro, da Cagliari a Catania – i ragazzi devono restare il meno possibile: alla loro età, anche chi ha sbagliato ha bisogno di altro. Le statistiche riferiscono che in questo senso il modello italiano funziona. “La giustizia minorile è un sistema del quale dobbiamo essere fieri: riesce realmente a residualizzare il carcere e relegarlo a numeri minimi”, afferma Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone, che da anni monitora la situazione delle carceri e che ai minori ha dedicato un dettagliato rapporto uscito alla fine del 2017. Le cifre aggiornate riferiscono che nelle celle ci sono poco meno di 500 ragazzi: oltre metà di loro sono giovani adulti, cioè detenuti con meno di 25 anni che stanno scontando nelle carceri minorili le pene per reati commessi quando ancora non avevano raggiunto la maggiore età. Decisamente più ampio è invece il numero di coloro che passano per la cosiddetta “messa alla prova”, una soluzione che permette ai giudici di imporre ai ragazzi un periodo in comunità al termine del quale valutare il percorso di maturazione ed eventualmente dichiarare estinto il reato, senza lasciarne traccia sul casellario giudiziario. Nel 2016 ne hanno beneficiato oltre 3.700 giovani. Ed è nelle comunità che per loro si svolge la parte più difficile del percorso: prendere coscienza di cosa si è fatto e, soprattutto, muovere i primi passi verso il ritorno alla normalità.

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