La direttiva Ue 800/16 sulle garanzie procedurali per i minoriL

La roadmap sui diritti procedurali

L’Unione Europea si sta progressivamente dotando di una serie di strumenti utili al mutuo riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali dei e tra i Paesi membri. Dopo l’emanazione della decisione quadro relativa al mandato di arresto europeo del 2002, emerge in seno all’Ue l’esigenza di dotarsi di un sistema di garanzie comuni utili al fine di aumentare la fiducia reciproca tra gli Stati membri per poter dare pieno riconoscimento alle decisioni giudiziarie di altri Paesi, tutelando al contempo i diritti delle persone sottoposte a procedimenti penali.

Viene così adottata una tabella di marcia (roadmap) per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali, poi inserita nel programma di Stoccolma, volta a fornire i Paesi membri di regole comuni minime sulle garanzie procedurali per le persone sottoposte a processi penali o in contatto con la giustizia penale.

La roadmap ha dato vita a una serie di direttive in materia:

  1. la direttiva 64/2010 sul diritto alla traduzione e all’interpretariato (recepita in Italia con modifiche al 143 e al 104 c.p.p.)
  2. la direttiva 13/2012 sul diritto all’informazione (recepita in Italia con D. Lgs. 101/14);
  3. la direttiva 48/2013 sul diritto di accesso alla difesa (recepita in Italia con D. Lgs. 184/16)
  4. la direttiva 343/16 sulla presunzione di innocenza (recepita in Italia con D. Lgs. 24/19)
  5. la direttiva 1919/16 sul gratuito patrocinio (recepita in Italia con D. Lgs. 24/19)
  6. la direttiva 800/16 sulle garanzie procedurali per i minori in contatto con la giustizia penale (non ancora formalmente recepita in Italia ma da ritenersi già applicabile).

La direttiva 800/16 e i principi fondamentali derivanti da altre convenzioni internazionali sui minori

Sebbene la direttiva 800/16 non sia stata ancora formalmente recepita, essa è da ritenersi applicabile nelle parti in cui non necessita di ulteriore specificazione, ed in ogni caso è stato espressamente previsto il principio di non regressione, con la conseguenza che nessuna disposizione della direttiva può essere interpretata in modo da limitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali assicurati da altri atti internazionali.

Il principale atto internazionale cui fare riferimento è la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989, che fissa disposizioni cogenti per gli Stati che la hanno recepita e fissa espressamente i principi di non discriminazione (art. 2), dell’interesse superiore del minore (art.3), il diritto di essere ascoltato e di partecipare al processo e alle sue fasi (art. 12), stabilendosi altresì che la giustizia minorile debba avere un approccio pedagogico ed individualizzato, con garanzie procedurali (art.40) e che la deprivazione della libertà costituisce misura di extrema ratio (art. 37) e deve perdurare il minor tempo possibile.

Vi sono poi altri due atti fondamentali emanati in sede Onu, seppur privi di efficacia vincolante, ovvero le Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile del 1985 (c.d. Regole di Pechino) e le Regole per la protezione dei giovani privati della libertà del 1990 (c.d. Regole de L’Havana).

I principi fondamentali della direttiva minori e il suo campo di applicazione

La direttiva si applica a tutti i casi relativi a minorenni (età inferiore ai 18 anni) che entrino in contatto con la giustizia penale sin dalle fasi pre-procedimentali. Va però segnalato che la stessa non si applica ai casi di minore importanza (minor offences) e anche che non incide sulle legislazioni nazionali in tema di imputabilità.

L’aleatorietà di tale definizione costituisce un vulnus della direttiva, in quanto lascia una fortissima discrezionalità agli Stati membri nel definire quali casi siano da ritenere di minore importanza e sussistendo situazioni dove la previsione di una pena detentiva non elevata è considerata come di minore importanza. Anche la mancata previsione di regole comuni sull’imputabilità è un aspetto critico, stante che vi sono Paesi europei dove un minore è imputabile sin dai 10 o 12 anni.

La direttiva 800/16 fissa dei principi e delle garanzie fondamentali per i minori, quali il diritto ad essere informato (art.4): il minore ha il diritto di essere informato sulle caratteristiche del procedimento a cui è sottoposto, appena possibile sin dalle prime fasi del procedimento e con un linguaggio comprensibile e per il più possibile semplificato ed adattato all’età del minorenne.

Alcuni diritti vanno garantiti immediatamente, quali quello di informare gli esercenti la potestà genitoriale (art.5), di essere assistiti da un difensore (art.6), di vedere protetta la propria vita privata (art.14); altre garanzie vanno fornite non appena il minore è informato di essere sottoposto a un procedimento e sono quelle relative al diritto a una valutazione individuale (art. 7), ad un esame medico (art.8), a presenziare personalmente al processo (art. 16).

All’art. 6 è sancito il diritto di accesso a un difensore: il minore ha il diritto di avere accesso a un difensore senza ritardo, ed in ogni caso prima di essere sottoposto ad un interrogatorio, e quando le autorità procedono ad atti investigativi, immediatamente in caso di privazione della libertà, e che abbia il diritto di incontrare il difensore anche prima dello svolgimento dello stesso prima di comparire davanti a un giudice. Qui la formulazione è un po’ equivoca, potendosi prevedere delle eccezioni a che il minore entri in contatto con il proprio difensore prima di essere sottoposto all’interrogatorio o esame, mentre andava piuttosto rafforzata la necessità che tale colloquio avvenisse in forma tale da tutelare la riservatezza e consentire un contatto con il difensore prima dell’interrogatorio. Va comunque detto che viene espressamente affermato che gli Stati membri devono rispettare il diritto alla privacy e alla riservatezza del colloquio tra difensore e assistito, e che la decisione di procedere a un interrogatorio in assenza del difensore deve essere adottata caso per caso da parte di un’autorità giudiziaria o comunque sotto controllo giurisdizionale.

L’art. 7 si occupa del diritto all’individualizzazione nella trattazione del caso. Viene espressamente stabilito che gli Stati membri devono considerare i bisogni specifici del minore quali l’educazione, la protezione, la formazione, lo studio e l’integrazione sociale. Tale individualizzazione va posta in essere da personale specializzato che proceda ad una valutazione individualizzata che tenga conto della situazione personale, sociale e familiare del minore e di sue eventuali vulnerabilità.

La stessa va effettuata quanto prima nel corso del procedimento ed è elemento da valutare in ordine all’eventuale imposizione di misure cautelari così come del tipo e della quantità di pena da irrogare. L’individualizzazione non può prescindere dal coinvolgimento del minore e dalla sua effettiva partecipazione al processo.

L’art. 8 prevede il diritto ad una visita medica sulle condizioni psicofisiche e va portata avanti da personale specializzato e con la minima invasività possibile. Il successivo art. 9 disciplina la necessità che gli interrogatori del minore siano videoregistrati quando le circostanze lo richiedano.

L’art. 10 stabilisce espressamente che il ricorso alla limitazione della libertà debba essere per i minorenni misura di extrema ratio e che debba durare il minor tempo possibile e soggetta al controllo giudiziario periodico. Debbono essere previste delle misure alternative alla detenzione (art. 11) e in caso di detenzione la stessa deve essere adattata alle esigenze del minorenne e salvaguardarne i percorsi di formazione ed istruzione così come l’accesso al diritto alla salute (art. 12).

Altre disposizioni sono relative all’applicazione di questi principi al procedimento di mandato di arresto europeo (art. 17), al diritto di essere accompagnati dai genitori durante il processo (art. 15) alla necessaria presenza di rimedi giudiziari per chiedere l’applicazione dei principi minimi sanciti dalla direttiva (art. 19).

Aspetti positivi e criticità

La direttiva 800/16 appare un testo importante per stabilire alcune garanzie minime per i minorenni sottoposti a procedimenti penali nei paesi dell’Unione Europea. La stessa richiama espressamente alcuni principi già stabiliti da importanti atti internazionali sui minori e sui diritti del fanciullo, ed appaiono di particolare pregio le disposizioni relative alla necessità di un trattamento individualizzato del minorenne che tenga altresì conto dei processi educativi e formativi in atto.

Come illustrato in altro capitolo del presente Rapporto, la Corte Costituzionale ha espressamente richiamato la direttiva 800/16 nel sancire l’incostituzionalità dell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. 121/18 nella parte in cui rendeva applicabile ai minorenni le preclusioni derivanti dall’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario che operavano con rigidi automatismi. La Corte ha ritenuto tali automatismi contrari, oltre che a diversi precetti della nostra Costituzione, all’art. 7 della direttiva, che impone un trattamento individualizzato dei casi.

Una individualizzazione che non si fermi però solo ai diritti sanciti sulla carta ma che si traduca anche in luoghi appositi e personale formato specificatamente per affrontare tali processi o situazioni di contatto dei minorenni con la giustizia.

Nel nostro ordinamento il Dpr 448/88 (Codice di procedura penale minorile) già poneva in essere molti dei diritti sanciti da questa direttiva, quali il ricorso alla limitazione della libertà come misura di extrema ratio, la previsione della partecipazione del minore al processo, la previsione di una valutazione individualizzata che tenga conto dei processi educativi e formativi in atto, la presenza di misure alternative alla detenzione, la necessaria assistenza di un avvocato e il diritto ad una visita medica e ad informare gli esercenti la responsabilità genitoriale. Ma, come spesso accade nel nostro Paese, l’applicazione pratica dei diritti sanciti non è stata sempre rispettosa degli stessi: si pensi ad alcune delle aule dei Tribunali per i Minorenni italiani, ai lunghi tempi prima di arrivare al processo, alle infinite attese in condizioni disagiate prima della celebrazione della propria udienza, alla presenza di preclusioni nell’accesso a misure alternative e benefici penitenziari ora dichiarata incostituzionale.

La maggiore attenzione che l’Europa pone all’applicazione pratica dei principi potrà quindi portare anche nel nostro Paese a degli avanzamenti sul terreno delle garanzie procedurali per i minori.

La direttiva ha però anche diverse criticità, prevedendosi che la sua applicazione non si abbia per i casi di minore importanza senza dare alcuna definizione di cosa debba intendersi per tale categoria e fino a dove si estenda; così anche per l’accesso alla difesa da parte del minorenne sono previste delle eccezioni non ben definite, che pongono la direttiva su un piano di tutela inferiore a quello di molte legislazioni dei Paesi membri e sicuramente del nostro.In ogni caso, la direttiva 800/16 pone una serie di garanzie minime che ogni Paese membro può estendere nelle proprie legislazioni interne, e costituisce uno strumento di sicuro interesse per l’operatore del diritto e per chi tutela i diritti dei minorenni, potendone invocare l’applicazione sin d’ora nel nostro Paese o proporre azioni giudiziarie alla Corte di giustizia dell’Unione.



Febbraio 2020