Questa è la storia di una vita che ha ripreso il suo cammino, di una vita che ha ridisegnato le sue pagine, di coraggio e di riscatto.
Il sole tra i rami degli alberi illuminava la porta a vetri all’ingresso della comunità. Un vento piacevole accarezzava il viso di Marco (nome di fantasia), asciugava le sue guance dorate bagnate dalle lacrime e dall’incertezza. Non voleva farsi scorgere mentre le sue emozioni trapelavano dal suo sguardo smarrito.
Marco arrivò in comunità una mattina di primavera. Lo avevano accompagnato in struttura gli agenti. Appena incrociai i suoi occhi mi accorsi che dietro la freddezza di una notifica per il reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti c’era tanto, tanto altro.
Era stato allontanato dal luogo dove abitava, dalle amicizie che aveva, anche quelle sbagliate. Eppure doveva trovare la sua “via di fuga”, doveva continuare a dimostrare a tutti che non era “un cattivo ragazzo”. Glielo ripeteva sempre sua madre, sua sorella e la sua fidanzata. Tre donne importanti in una vita fragile. Tre fari nel mare in tempesta della sua anima tormentata.
Marco non aveva problemi economici. Aveva deciso di spacciare perché aveva bisogno di dimostrare che non aveva paura di niente e di nessuno. Lui era un ragazzo fuori dalle righe, l’adolescenza in piazzetta, le regole solo per gli altri, l’illecito dietro l’angolo. Quando fu bloccato dalla polizia e portato in caserma non sapeva cosa sarebbe stato il giorno dopo, ma non immaginava che da Foggia lo avrebbero accompagnato a Lecce. “Dice che funziona così” sussurrava al compagna di stanza, “che se sbagli ti fanno scordare le tue abitudini, le tue amicizie, i luoghi che hai frequentato. E adesso?” Faceva spessissimo questa domanda Marco, la rivolgeva a tutti, agli altri giovani ospiti, agli operatori, agli educatori, alla psicologa e a me, assistente sociale “di strada”, come mi chiamava lui.
Marco ha trascorso in comunità penale due anni, due Natali, due estati, due vite, che si rincorrevano, si emozionavano, piangevano, speravano. Affondavano i suoi occhi verdi nel cuscino che profumava di ammorbidente di casa. La scelta di dire “sì’” all’opportunità della messa alla prova Marco l’aveva presa ancora prima di andare in udienza e i giorni che arrivarono lo dimostrarono. Frequentò la scuola e conseguì la licenza media. Poi un corso di formazione per il conseguimento del tesserino di bagnino e la possibilità che rivestire quella figura attraverso un’esperienza di tirocinio formativo. Gli incontri sulla legalità con le forze dell’ordine, i laboratori creativi, il volontariato nel centro polivalente per minori, i colori aldilà del buio. La crescita di un giovane ragazzino che voleva riprendere in mano il suo futuro non è stata semplice per noi e per una famiglia che a meno di 300 chilometri affidava alla telefonata serale la determinazione per andare avanti. Marco incontrò il giudice e le assistenti sociali del servizio sociale minorile diverse volte per le udienze e i colloqui di andamento della messa alla prova. Ogni appuntamento era occasione preziosa per andare avanti, insieme. Ricordo ancora quando gli presentai una meravigliosa poliziotta e dirigente della Questura di Lecce. Per loro due fu “fiducia” a prima vista. Marco da un giorno all’altro mi chiese di visitare la Questura e di partecipare attivamente ad una Festa della Polizia nella centralissima Piazza Sant’Oronzo di Lecce, dove fece foto con gli agenti e dentro le auto e i furgoni, orgoglioso e contento di condividere gli scatti anche con gli amici della comunità e con la sua famiglia. In quel preciso momento avevamo già vinto. Raccontava la sua storia alle scolaresche presenti, invitava ragazzini poco più piccoli di lui a non lasciarsi trasportare dall’illegalità e a chiedere sempre aiuto e consiglio. “La meraviglia dell’alba di ogni nuovo giorno è troppo bella per non essere vissuta in libertà” sussurrava mentre fumava la sigaretta sotto alla veranda della comunità mentre guardava le stelle sopra le cime degli alberi. Quando il giudice gli concesse l’opportunità di andare a casa per le vacanze di Pasqua con il treno, da solo, era entusiasta e non credeva a quelle parole comunicategli dalla responsabile della struttura. Fu come conquistare un pezzettino di futuro lentamente. E quei permessi aumentarono, così come la fiducia delle istituzioni. Ma lo meritava Marco, meritava di dimostrare che con grande volontà si può cambiare il mondo, partendo dal cambio di rotta dello scorrere dei tuoi giorni. A pochi mesi del termine della messa alla prova, dopo due lunghi ed intensi anni, Marco poteva far rientro nella sua città, dalla sua famiglia, da quei legami che non lo avevano mai abbandonato. Avrebbe terminato la sua messa alla prova sul territorio, a casa, con un lavoro e tanti sogni. Oggi quei sogni hanno quattro occhi chiari come i suoi, quattro manine laboriose e due sorrisi meravigliosi. E l’amore di una ragazza diventata moglie sempre lì a stringergli la mano. Ora sì, tutto il resto non fa più paura.