“In mezzo al peggio resto sempre positivo
Ogni giorno ringrazio di essere vivo
Canto libertà in mezzo alle grate
Voglio dirlo al magistrato: sono un ragazzo ma tu vedi un carcerato.”

Adrian
Da Barre rap, sogni e segreti in un carcere minorile di Francesco “Kento” Carlo

Se si può affermare con certezza che la legge è uguale per tutti, possiamo dire lo stesso della sua applicazione? La questione della detenzione dei minori stranieri parrebbe aprire una crepa nella granitica dichiarazione di uguaglianza che il nostro sistema sottende, mettendo in discussione l’idea che tutti sono uguali di fronte alla legge. Condizioni sociali, disponibilità economiche, sostegno emotivo e relazionale e opportunità di lavoro e di studio non sono variabili indipendenti dal rischio di carcerazione, che anzi in relazione a queste cambia sensibilmente. La sovra rappresentazione di stranieri negli Istituti penali minorili italiani non è un dato arido, ma un sintomo evidente dell’ingiustizia sociale e dello svantaggio che grava su di loro, e che il sistema detentivo non è in grado di arginare. Man mano che le misure restrittive si irrigidiscono aumenta la percentuale degli stranieri coinvolti, nonostante un loro minore coinvolgimento in reati di particolare allarme sociale.

Uno sguardo ai dati

I dati sugli stranieri nel sistema di giustizia minorile evidenziano una sovrarappresentazione degli stranieri negli istituti penitenziari minorili rispetto ai detenuti italiani, se analizzati partendo dai dati relativi alla popolazione giovanile libera. Ovviamente tutto ciò va spiegato: le ragioni risiedono soprattutto nella loro minore capacità di accesso alle misure sociali di tipo non custodiale. Secondo i dati riportati dal Ministero di Giustizia, ad esempio nei primi 15 giorni di gennaio 2022, il 22,6% dei minorenni presi in carico dagli Uffici di servizio sociale per i minorenni (USSM) è di origine straniera (percentuale ben più bassa rispetto a quella degli stranieri presenti negli IPM). Sempre secondo quanto riportato dal Ministero della Giustizia, negli ultimi 15 anni, il numero di minorenni stranieri presi in carico dagliUSSM, si è sempre tenuto tra il 20% (anno 2007) di stranieri sul totale dei minorenni presi in carico dagli Ussm fino ad arrivare ad un picco del 26% (anno 2018). Nel 2021 il dato è pari al 22% di minori stranieri, mentre nel 2020 era del 20%. Dunque, stride il numero di stranieri che viene a contatto con la giustizia minorile e quelli che poi subiscono una misura vera e propria detentiva.

Per analizzare al meglio il fenomeno dei minori stranieri nel sistema penale e comprenderne le ragioni bisogna sicuramente fornire i dati relativi ai Centri di prima accoglienza (Cpa), strutture che accolgono temporaneamente i minorenni fermati o arrestati in flagranza di reato per un tempo massimo di 96 ore in attesa della convalida del fermo da parte del GIP. Nei Cpa, da inizio 2021 fino a dicembre, hanno fatto ingresso 561 ragazzi in totale di cui ben 235 stranieri (216 maschi e 19 femmine). Il numero di ingressi nei Cpa è diminuito nel corso degli anni, sia per i minorenni italiani che per quelli stranieri. Nonostante la riduzione negli anni degli ingressi in Cpa, gli stranieri nel 2021 rappresentano ancora il 42% del totale dei minori, una percentuale più o meno doppia rispetto a quella dei presi in carico negli Ussm.

A tal proposito interessante è anche analizzare i dati sulle uscite dai Centri di prima accoglienza in base al provvedimento di dimissione, durante tutto il 2021. Risulta infatti che su un totale di 163 ragazzi che sono usciti con applicazione della custodia cautelare, 85 siano stranieri, mentre 84 ragazzi stranieri su 223 totali sono usciti a seguito di un provvedimento di collocamento in comunità. Sono invece pochi quelli usciti per misure alternative come la remissione in libertà o la permanenza in casa. Nello specifico sono 15 gli stranieri rimessi in libertà su un totale di 40 ragazzi e 27 minori stranieri su un totale di 81 ragazzi sono sottoposti all’obbligo di permanenza in casa.

Ancora una volta i dati dimostrano come per i minori stranieri più facilmente si applichi la custodia cautelare in carcere.

Ulteriore dato di fondamentale importanza è quello relativo agli Istituti penali per minorenni dove avviene l’esecuzione della misura cautelare e dunque la misura più restrittiva della libertà personale, nonché l’esecuzione della pena. Secondo quanto riportato dal Ministero della giustizia, il totale di presenze registrate al 15 gennaio 2022 è di 316 minori di cui gli stranieri sono 140 ovvero il 44% del totale dei presenti.

Inoltre, se si da uno sguardo alla posizione giuridica dei minori presenti negli IPM, gli stranieri rappresentano il 51% del totale dei minori in attesa di primo giudizio e il 39% del totale dei minori che hanno una condanna definitiva. Dunque, emerge come nonostante il carcere debba essere

extrema ratio troppo spesso invece è per gli stranieri il luogo in cui si attende l’esito del procedimento. Ancora una volta emerge una sovra rappresentazione degli stranieri data dalle elevate percentuali emerse.

Con riferimento ai paesi di provenienza, la maggior parte dei minori stranieri proviene dai Balcani (per lo più Albania, Bosnia Erzegovina, Romania e Serbia); numerosi sono anche i giovani provenienti dal Nord Africa (Marocco, Algeria, Tunisia ed Egitto).

La maggiore prevalenza di stranieri all’interno degli istituti penali per minorenni rispetto alla loro presa in carico con misure non detentive segna un rischio non di maggiore pericolosità criminale ma di maggiore vulnerabilità sociale. A tal proposito, interessante è guardare alla tipologia di reati più frequentemente commessi: nello specifico, i minori stranieri molto spesso commettono reati di minore gravità rispetto ai minori italiani. Secondo i dati del Ministero, tra i minori entrati negli IPM fino al 15 dicembre 2021, una maggiore incidenza di delitti contro la persona si registra a carico di minori italiani: infatti, tra il totale dei delitti contro la persona il 62% di tali delitti è a carico degli italiani mentre il 38% è a carico degli stranieri. I reati più frequentemente commessi dai minori stranieri sono quelli contro il patrimonio tra cui il furto e la rapina.

Un ulteriore dato da prendere in considerazione per analizzare il fenomeno della detenzione dei minori stranieri è relativo al collocamento in comunità: infatti gli stranieri una volta che entrano nel sistema di giustizia penale minorile vengono collocati in comunità con meno frequenza rispetto ai minori italiani. Nel 2021 (fino al 15 dicembre 2021), gli stranieri rappresentano il 35% del totale dei collocamenti in comunità contro il 65% di italiani. Del totale dei ragazzi collocati in comunità, sempre fino al 15 dicembre 2021, solo il 28% è in messa alla prova.

In conclusione, i numeri riguardanti i minori stranieri, sembrano i rischi di sistemica discriminazione che interessano gli stranieri nel circuito penale per minori. Discriminazione che è nella società prima che nelle aule di giustizia o nelle carceri.

Una riflessione sui dati

Una volta forniti i dati più rilevanti sulla frequenza della carcerazione che interessa i minori stranieri e i dati sulla tipologia di reati commessi, interessante è comprendere i motivi alla base della sovrarappresentazione di stranieri negli istituti di pena per minori. Sono proprio i dati infatti ad indicare come da una parte le porte degli istituti penali per minori si aprano più frequentemente per gli stranieri, dall’altra confermano il maggior ricorso alla detenzione rispetto alle misure alternative previste nel sistema penitenziario minorile.

Il minore straniero dunque soffre maggiormente della misura cautelare più limitativa della libertà, in primo luogo per la mancanza di quegli elementi che possono far propendere le autorità all’applicazione di una misura alternativa ulteriore. I minori stranieri infatti molto spesso non possiedono un nucleo familiare sul territorio, un lavoro o una casa. La condizione stessa di straniero, soprattutto quando si fa riferimento ai minori migranti non accompagnati, a causa delle carenze di riferimenti con l’esterno e con il conseguente tessuto sociale, pongono gli stessi, a parità di condotta, in una posizione di svantaggio rispetto ai minori italiani. Infatti, gli stranieri seppur astrattamente siano in condizione di godere delle misure alternative alla detenzione, presentano difficoltà ad accedervi proprio in mancanza dei requisiti soggettivi prima evidenziati.

La discriminazione sistemica e strutturale che subiscono i minori stranieri nello specifico è riconducibile a vari fattori: in primo luogo, la mancanza di domicilio legale rende ostativa la concessione degli arresti domiciliari o di altre misure alternative alla detenzione.

Le difficoltà economiche possono tradursi nella difficoltà a reperire un difensore di fiducia che possa garantire effettivamente il rispetto del diritto alla difesa tecnica e qualificata nel processo penale minorile. In tal senso, il rispetto del diritto alla difesa deve essere orientato anche a garantire un tutore, in caso di assenza della famiglia di origine, e allo stesso tempo garantire l’instaurazione di legami con i servizi sociali minorili ed in generale con il sistema di giustizia minorile.

A ciò si aggiunge un’incapacità delle istituzioni di confrontarsi con persone appartenenti a culture diverse e a condizioni di vita diverse. Secondo alcuni studi, le difficoltà maggiori che vengono riscontrate negli IPM rispetto al percorso trattamentale dei minori stranieri sono varie e di diversa natura: innanzitutto viene segnalata una difficoltà comunicativa legata alla non conoscenza della lingua italiana che pone gli stranieri in una situazione di isolamento con gli operatori e con il resto della popolazione detenuta. Molto spesso viene riportata una mancanza di risorse economiche delle strutture nel prevedere percorsi che possano da una parte formare gli operatori permettendo loro di avere conoscenza del contesto di provenienza del giovane e del conseguente modello culturale e dall’altra che si adattino alle esigenze degli stessi minori. Esigenze che, risultano diverse da quelle dei minori italiani, e tendono a concretarsi in bisogni “adulti” quali accedere al più presto al mercato del lavoro, ottenere documenti regolari e imparare la lingua. In questo senso, devono essere favoriti percorsi in grado di valorizzare le potenzialità offerte dai minori stranieri e che favoriscano il processo di integrazione sociale.

Per i minori stranieri che hanno commesso un reato, dunque, numerosi sono gli aspetti problematici sui quali bisognerebbe intervenire: la condizione di irregolarità sul territorio (vedasi l’approfondimento di Gennaro Santoro), la lontananza o la mancanza di figure genitoriali di supporto, l’assenza di una dimora legale, le difficoltà di accertamento dell’età anagrafica e le carenze linguistiche. Molto frequentemente questi ragazzi si trovano in piena età evolutiva in condizione di assoluta precarietà socio-economica ed affettiva. Proprio in ragione di ciò l’intervento che deve essere svolto dalle istituzioni deve essere volto alla previsione di percorsi individualizzati in grado di valorizzare le potenzialità che il minore è in grado di offrire. Cosa che molto spesso avviene grazie all’impegno del sistema della giustizia minorile e di comunità. Fondamentale è in tal senso la previsione da parte dei servizi di giustizia minorile di modelli di gestione dei ragazzi volti all’integrazione degli stessi nel tessuto sociale che permettano di prevenire la ricaduta nel tessuto criminale. La previsione di un sistema caratterizzato da garanzie di tutela dei bisogni primari per il minore e capace di intercettare sul nascere i sintomi del disagio permette di abbassare le possibilità che il minore rientri nuovamente nel circuito penale.