Un ragazzo del blocco,
basta guardarlo,
che indossa dal suo completo tarocco,
dai furti e dalla corsa che, frate’,
fa ogni giorno per vivere in ‘sto mondo che non gli ha dato un cazzo,
l’ha abbandonato lo Stato.
(“Gli occhi del blocco” di Baby Gang)

È vero che la criminalità minorile è in crescita? “Allarme baby gang”, “boom di delinquenza minorile” sono i titoli che spesso si leggono in merito a un fenomeno che pare avere un’esistenza più sui giornali che nella realtà.
I media fanno leva su un diffuso sentimento di paura e di sfiducia per costruire una narrazione decisamente allarmistica, considerando che parliamo del “paese in Europa con il minor tasso di delinquenza minorile” come affermato dall’avvocato Elia De Caro in un’intervista per l’Huffington Post.
La conseguenza diretta di ciò è la creazione di un generale consenso rispetto all’utilizzo di risposte punitive, facili e di effetto, al posto di individuare soluzioni educative e rieducative per la riduzione del problema, che richiedono di certo ben altro sforzo.

Il concetto di criminalità minorile
Per questo motivo è necessario analizzare innanzitutto quali sono i principali fattori di rischio che spingono i minori a porre in essere condotte criminali.
Quando si parla di criminalità minorile, secondo alcune teorie sociologiche e psicologiche che studiano il fenomeno, bisogna prendere in considerazione il concetto di “devianza”, ovvero quell’insieme di comportamenti definiti “anti-sociali” che non si esprimono solamente nella commissione di reati, ma fanno riferimento alla generale violazione di regole sia di tipo sociale che morale. I comportamenti devianti dei minori sono quindi fenomeni eterogenei, che vanno da atti di minore gravità come l’assenteismo scolastico o la fuga dalla propria abitazione – comportamenti valutati come indici di disadattamento – fino a giungere alle violazioni più gravi attraverso la commissione di reati. Nella letteratura, sia italiana che straniera, si nota dunque una tendenza a considerare in modo unitario fenomeni in realtà diversi tra loro. Proprio l’eterogeneità che caratterizza tali devianze, dunque, rende così complesso definire le principali ragioni che portano un minore a commettere un reato. Sono tuttavia individuabili alcuni elementi che spesso ricorrono tra i soggetti che commettono reati in minore età e che costituiscono i cosiddetti fattori di rischio.
Molto spesso i tassi più alti di criminalità vengono registrati in aree urbane caratterizzate da alta densità di popolazione, eterogeneità culturale, generale disorganizzazione sociale e mancanza di servizi. In questi luoghi le difficoltà quotidiane che gli abitanti si trovano a dover affrontare possono essere un terreno fertile per lo sviluppo di comportamenti antisociali fin dalla giovane età. Il contesto economico e sociale di provenienza ha infatti un ruolo chiave: marginalità e situazioni di disagio sono uno degli elementi più spesso legati a comportamenti antisociali e criminalità giovanile.
L’ulteriore aspetto da mettere in rilievo è legato alla povertà educativa: l’abbandono scolastico e la conseguente uscita dai percorsi di istruzione alimentano la marginalità sociale e riducono le possibilità di venire a contatto con reti sociali e comunità che permettono una maggiore integrazione dei ragazzi. Su questo l’Italia registra dati preoccupanti di abbandono scolastico, essendo ai primi posti nell’UE per la percentuale di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non hanno il diploma.
Accanto alle situazioni di marginalizzazione di determinate aree urbane, un altro fattore che potrebbe indurre il minore a commettere reati è legato al contesto familiare: un contesto disfunzionale di provenienza che propone modelli educativi inadeguati o negativi può favorire l’insorgere di condotte delinquenziali. Ciò dimostra come un ambiente familiare stabile e di supporto emotivo può aiutare i giovani a sviluppare le risorse necessarie per affrontare le problematiche della vita in modo positivo e costruttivo.
Tuttavia, questi rappresentano solo alcuni dei motivi che possono influenzare un minore alla commissione di un reato. Infatti, i giovani subiscono l’influenza di innumerevoli elementi, trovandosi in una fase evolutiva complessa e delicata.

Uno sguardo ai numeri
Per comprendere ancora meglio il fenomeno può essere utile dare uno sguardo ai numeri che lo interessano.
Tra il 2010 e il 2022 le segnalazioni di minori, di età compresa tra i 14 e i 17 anni, denunciati e/o arrestati su tutto il territorio nazionale hanno un andamento più o meno regolare: nello specifico, nel 2010 si registrano 28.196 segnalazioni con un incremento dell’8,21 % rispetto al 2011 in cui si registrano 30.511 segnalazioni. Segue poi un periodo di stabilità fino al 2013. Si registra un nuovo aumento tra il 2013 e il 2015, anno del massimo picco con 32.566 segnalazioni (il numero massimo registrato fino ad ora). A partire dal 2015 si registra un forte decremento (quasi del 15%) con il numero più basso registrato in questi anni nel 2020 con 25.088 segnalazioni. A partire dal 2020, in cui si era verificato un decremento a causa delle restrizioni da Covid-19, si registra nuovamente un incremento con il picco massimo registrato nel 2022 con 32.522 segnalazioni.

Del totale delle segnalazioni consideriamo ora separatamente le segnalazioni dei minori stranieri con quelle dei minori italiani: l’andamento delle segnalazioni dei minori italiani è stabile dal 2010 al 2016, anno in cui raggiunge il picco di 19.616 (un aumento del 6,2% rispetto al 2010), subisce un decremento del 19% circa nel 2018 (rispetto al 2016) e rimane sostanzialmente invariato negli anni 2019 (15.938 segnalazioni), 2021(15.495 segnalazioni) e 2022(15.490 segnalazioni). Per quanto concerne le segnalazioni dei minori stranieri, si rileva un trend di crescita dal 2010 al 2015 (9.726 segnalazioni nel 2010 e 14.264 nel 2015), mentre nel 2016 si è registrato un significativo decremento (-18 % rispetto al 2015) a fronte del picco positivo delle segnalazioni di minori italiani. Il maggior numero di segnalazioni di minori stranieri si rileva nel 2022 (17.032 segnalazioni), con un incremento del 41,45% rispetto al 2019.
Altri dati che possono fornirci un quadro d’insieme più completo sono quelli relativi alle categorie di delitti commessi dai minori. I reati da prendere in considerazione sono quelli maggiormente commessi dai minori. Nello specifico, le segnalazioni pervenute alla polizia di stato relative ai furti, dal 2010 al 2015 hanno un incremento del 17% mentre dal 2016 al 2022 si osserva un decremento equivalente ovvero del 17%. Le segnalazioni sulle violazioni della normativa sugli stupefacenti dal 2010 al 2015 aumentano del 12% per poi subire una riduzione del 17% dal 2016 al 2022. Le segnalazioni sulle rapine subiscono un incremento per tutto il periodo che va dal 2010 al 2022
Gli omicidi volontari consumati dal 2010 al 2015 hanno un andamento assolutamente costante (più o meno in media una trentina di omicidi l’anno), mentre dal 2016 al 2022 si assiste ad una riduzione del 18%. Per quanto riguarda le rapine si registra dal 2010 al 2022 un trend in aumento, nello specifico si verifica un incremento del 17% delle segnalazioni.

Quello che evidentemente emerge da questi dati è che sì i reati commessi dai minori sono in aumento rispetto agli ultimi anni, anni caratterizzati tuttavia da una pandemia che ha imposto delle forti restrizioni nei movimenti e quindi anche più difficoltà materiale nella realizzazione di intenti criminosi, ma rispetto all’ultimo decennio l’andamento della criminalità minorile rimane inalterato. Per comprendere a fondo quale possa essere la risposta più efficace alla devianza minorile, e per superare l’idea che risposte punitive e repressive possano garantire la sicurezza è necessario dare uno sguardo anche alle presenze di minori presso gli Istituti Penali per Minorenni (o IPM). L’analisi degli ingressi in IPM nel lungo periodo (sempre 2010-2022) evidenzia un andamento oscillatorio con un decremento del 10% tra il 2010 e il 2022. Il picco maggiore di ingressi si rileva nel 2012 con 1252 ingressi. Gli anni successivi mostrano una tendenza in diminuzione con un decremento del 20% nel 2014 con 992 ingressi e nel 2020 con 713 ingressi. Gli ingressi nella maggior parte dei casi, come riportato dal report della polizia di stato sono avvenuti a seguito dell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare e solo in percentuale inferiore per l’esecuzione di una pena detentiva in conseguenza di una condanna definitiva. Secondo i dati riportati dal Ministero della Giustizia, il numero di presenze medio in IPM dal 2010 al 2022 è stabile e ha superato i 500 detenuti solo nel 2012 con 508 presenze. Nel 2022 si registrano 382 presenze medie che saliranno a 414,3 nel 2023, secondo le più recenti informazioni statistiche. Nel 2023 le presenze fisse hanno sfiorato le 500 unità. Al 15 novembre 2023 erano 491.
Il numero di minori detenuti dunque è di gran lunga inferiore rispetto al numero di persone segnalate in questi anni. A riprova di questo sono anche i dati sulle presenze medie nelle comunità dal 2010 al 2022 che sono più alti del numero di detenuti: nello specifico nel 2010 si hanno 827 persone in comunità con un trend in crescita che raggiunge il suo picco nel 2019 con 1073 minori in comunità.

Per concludere con un aggiornamento sulle presenze e sugli ingressi in IPM si conclude l’analisi con qualche dato relativo al 2023. Nel 2023 si verificano 997 ingressi di minori in istituto. Le presenze al 15 novembre 2023 erano 491e la presenza media giornaliera è di 414,3.

Superare l’equazione carcere uguale sicurezza
A partire dai dati forniti è importante fare una riflessione sul sistema penitenziario minorile e sugli aspetti su cui bisogna concentrarsi per migliorarlo: bisognerebbe innanzitutto superare l’equazione carcere uguale sicurezza e considerare il carcere sempre come extrema ratio. Come ampiamente affermato da Gemma Tuccillo, per anni a capo del Dipartimento di Giustizia minorile, le misure alternative al carcere soprattutto per soggetti minori di età, in fasi evolutive particolarmente complesse, sono modalità differenziate di eseguire la pena che se accompagnate da percorsi trattamentali individualizzati in cui c’è un’attenzione sulle problematiche del singolo possono produrre degli effetti di gran lunga migliori in termini di sicurezza e di riduzione della recidiva. Il carcere e l’isolamento che ne deriva non favoriscono il processo di responsabilizzazione e di maturazione del minore. È necessario per questo coinvolgere la collettività nella partecipazione al percorso di inclusione dei giovani devianti: dalla scuola alle famiglie al mondo del lavoro per garantire dal momento dell’ingresso dei minori nel sistema penitenziario minorile delle prospettive di rinascita e di opportunità che fino a quel momento non hanno avuto.

Per questi motivi le misure come il “decreto Caivano”, (decreto emanato a seguito di recenti avvenimenti di cronaca e che prevede in gran parte misure punitive), non servono ad altro che ad alimentare una certa narrazione che si muove sulla paura che viene innescata dai media e che risponde quasi esclusivamente con inasprimenti delle pene a problematiche ben più complesse che richiederebbero delle risposte di gran lunga più articolate. Prevedere che un 14enne, a seguito del decreto Caivano, verrà arrestato in flagranza anche per spaccio di lieve entità non renderà le strade del nostro paese più sicure. Sono queste soluzioni che servono solamente per alimentare una propaganda politica e una narrazione repressiva e securitaria.


Bibliografia:
https://www.area-c54.it/public/la%20devianza%20minorile.pdfhttps://books.google.it/books?hl=it&lr=&id=XRX-CQAAQBAJ&oi=fnd&pg=PA5&dq=criminalità+minorile&ots=ffM1p1pxNq&sig=KmTcq8F7UfApvemxQ-lFH3w0mOg&redir_esc=y#v=onepage&q=criminalità%20minorile&f=false
https://www.focusdiritto.it/2022/04/05/criminalita-minorile-e-giovanile/
Per i dati: Report della polizia di Stato https://www.poliziadistato.it/statics/10/criminalita-minorile-in-italia-2010-2022.pdfe dati del Ministero della Giustizia e dell’ISTAT