Riparare il danno arrecato. Dal reato al consiglio di disciplina, come si modifica la vita del giovane autore di reato

Nel corso degli ultimi anni sul piano internazionale e dell’Unione Europea si è spinto molto per l’introduzione in ambito penale della giustizia riparativa. Anche il fronte minorile è stato interessato da questo “nuovo paradigma di giustizia”, come è stato definito nel Tavolo 13 degli Stati Generali dell’Esecuzione penale nel 2016. Il motivo per cui si è sentita l’esigenza di affiancare un approccio riparativo a quello retributivo è da ricercarsi nella volontà di tentare per l’autore di reato un reinserimento in comunità che faccia seguito a una presa di coscienza delle conseguenze degli atti contrari alla legge.

Lo scopo precipuo della giustizia riparativa è quello di riparare il danno causato dal proprio comportamento; “le pratiche riparative sostengono una concezione partecipativa della giustizia, che favorisce il reinserimento piuttosto che la punizione e il castigo. Pertanto, investendo nel legame tra i giovani e la comunità e in un processo che stimola l’assunzione di responsabilità, le pratiche riparative possono rivelarsi particolarmente idonee a rispettare il principio dell’interesse superiore del minore nel processo di giustizia”; questo è quanto si legge in uno studio europeo sulla Giustizia riparativa portato avanti dall’International Juvenile Justice Observatory, in collaborazione con lo European Juvenile Justice Observatory. 

Sul piano UE, il richiamo alla Giustizia riparativa è stato particolarmente incisivo con la direttiva 29/2012/UE contenente norme minime in materie di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Alle vittime di reato è da riconoscersi, secondo il diritto dell’Unione, un’attenzione particolare in tema di diritti e tutele. Intanto il reato non può essere inteso solamente come un danno alla società, si legge nella direttiva, ma è anche una violazione dei diritti individuali delle vittime, soggetti quindi meritevoli di tutela.
In questo modo la direttiva non aveva di certo l’intenzione di negare la complessità del fatto reato e dell’implicazione della società tutta. Ma altre questioni affiancano la ricerca del colpevole e la sua punizione. In modo particolare ottiene attenzione il danno sofferto dalla vittima e le modalità attraverso le quali questo danno potrebbe essere riparato, ma non in termini economici. Piuttosto pensando e realizzando azioni concrete, che prendano avvio dall’assunto del danno causato, e tentino – partendo dalla consapevolezza del vissuto della vittima – di fare proprio un agire verso il futuro responsabile.

Il 3 ottobre 2018 è stata prodotta dal Comitato dei Ministri una Raccomandazione  agli Stati membri sulla giustizia riparativa (la numero 18). A questa veniva riconosciuta la capacità di essere uno strumento utile in ambito penale, da usarsi a complemento o in alternativa ai classici procedimenti penali. Strumento utile per la sua capacità di mettere in relazione le diverse parti, tra cui la vittima e l’autore di reato, per soddisfare i loro bisogni  e, sul fronte della vittima, per consentirle di avere più voce “in risposta alla [sua] vittimizzazione”. Inoltre, secondo il Comitato dei Ministri la Giustizia riparativa può aumentare la consapevolezza nell’intera società del ruolo giocato nella prevenzione e nella risposta alla devianza. Per tutte queste ragioni si incoraggiano gli Stati membri a introdurre nei propri sistemi penali gli strumenti di giustizia riparativa.

A giugno 2020 la Commissione europea ha prodotto una Comunicazione indirizzata al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni contenente la strategia quinquennale sui diritti delle vittime.

In questa comunicazione vi si legge l’indicazione a usare la Giustizia riparativa quale strumento per rafforzare i diritti delle vittime di reato e sostenerle aiutandole a riprendersi dalle conseguenze del reato. In questo senso la Commissione ricomprendeva nella giustizia riparativa tutta una serie di strumenti, come la mediazione penale, nonché la costituzione di gruppi che abbiano l’obiettivo di promuovere il dialogo tra gli autori e le vittime di reato.

Il 13 e il 14 dicembre 2021 si è tenuta a Venezia la conferenza dei Ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa. Il tema dell’incontro è stato “Criminalità e giustizia penale – il ruolo della giustizia riparativa in Europa”. La conclusione dei lavori ha prodotto un documento, la Dichiarazione di Venezia sul Ruolo della Giustizia riparativa in materia penale.

Importante è sottolineare come nell’ambito della giustizia minorile in Italia la vittima non possa fare il suo ingresso in Tribunale, non essendo ammessa la costituzione di parte civile. Per questo motivo, come sottolineato da alcuni addetti ai lavori, è considerato così importante inserire questi percorsi di mediazione penale e giustizia riparativa in questo ambito per permettere alla vittima di sentirsi considerata.

Anche il legislatore italiano ha deciso di inserire nel proprio ordinamento penale minorile i percorsi di giustizia riparativa. Lo ha fatto nel decreto legislativo 121 del 2018, all’articolo 1 al secondo comma, dove si fa esplicito riferimento in relazione all’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità al favor da riconoscere ai percorsi di giustizia riparativa e mediazione penale (su questo si leggano le Linee di indirizzo del Ministero della Giustizia relative al decreto di cui sopra).
Le indicazioni sul tema riguardano sia i percorsi di giustizia riparativa da attivarsi all’interno degli istituti penali per i minorenni, ma anche nell’esecuzione delle misure di comunità, e – si riporta testualmente dalle Linee guida – “il settore minorile diventa il terreno fertile e privilegiato dove sperimentare concretamente percorsi innovativi di giustizia riparativa, così dando attuazione alle chiare indicazioni in tal senso provenienti dalle più recenti Raccomandazioni europee” (p.7).
Con quali modalità la giustizia riparativa viene introdotta negli istituti penali per i minorenni? Come vedremo poi più avanti passando in rassegna le informazioni che il nostro osservatorio ha raccolto nel corso delle visite agli IPM, la scuola, i progetti formativi e di formazione della cittadinanza attiva rivestono senza dubbio un ruolo centrale e – al contempo – rappresentano le attività su cui è solidamente costruito il percorso trattamentale degli istituti di pena per i minorenni.

Inoltre alcune esperienze che abbiamo raccolto in giro per l’Italia, raccontano dell’introduzione del tema della giustizia riparativa anche in una fase antecedente a quella dell’esecuzione della pena. È questo il caso di un progetto attivo nella Regione Lazio. In questo senso anche la Commissione europea, nella comunicazione del giugno 2020 di cui si è parlato in precedenza, intende la giustizia riparativa come un servizio offerto alle vittime per far valere le proprie ragioni in un ambiente sicuro che sia in grado di sostenere il processo di superamento del danno subito.

Andiamo a scoprire dunque quali sono le esperienze di giustizia riparativa che abbiamo incontrato nel corso delle nostre visite negli istituti penali per i minorenni.

A Caltanissetta abbiamo avuto la possibilità di parlare con Vincenzo Indorato, responsabile dell’Ufficio di mediazione penale minorile e referente locale per la giustizia riparativa. Dal 2017 nel distretto della Corte d’Appello di Caltanissetta è nuovamente attivo il servizio di mediazione penale; la giustizia riparativa è stata introdotta in questo distretto dal 2007. Il lavoro svolto riguarda la presa in carico delle vittime di reato; il procedimento di mediazione penale avviene tramite la spontanea decisione delle parti in conflitto di risolvere questo conflitto attraverso degli incontri. A Caltanissetta è soprattutto la pratica della mediazione penale minorile ad essere utilizzata maggiormente; è l’autorità giudiziaria ad inviare all’Ufficio di mediazione penale le parti per tentare di risolvere il conflitto. Il mediatore penale, un terzo neutrale, cerca di intervenire con l’obiettivo di riequilibrare la situazione e anche di sostenere le ragioni delle vittime che altrimenti sappiamo essere escluse dal procedimento penale minorile. La mediazione penale non riguarda solo i ragazzi che si trovano in IPM, ma riguarda tutti i ragazzi dell’area penale.

Per quanto riguarda invece i ragazzi che si trovano detenuti in IPM a Caltanissetta, la giustizia riparativa ha trovato il suo spazio, proprio come indicato dall’art. 1 del d.lgs 121/2018, all’interno del consiglio di disciplina. Attraverso dei laboratori e degli incontri, si lavora con i giovani detenuti per far loro comprendere che il danno che il reato commesso ha provocato alla società non si sana con la mera detenzione. Che vi è invece maggiore senso nel prendersi carico della responsabilità prendendo coscienza del danno causato all’altro. Così, se un ragazzo all’interno dell’istituto ammette la responsabilità del fatto per il quale si stava procedendo al consiglio di disciplina, può essere sanzionato con la richiesta di un gesto riparatorio concreto verso la struttura, verso l’amministrazione o le altre persone coinvolte. Il modello di giustizia proposto non è più quello coercitivo, quindi. Perché la pena fine a se stessa, secondo Indorato, è dimostrato che non porta né alla rieducazione né al reinserimento sociale. L’obiettivo è fare in modo che il giovane possa vedere l’altro come persona e comprendere che il danno provocato è fatto verso altre persone.

L’istituto di Caltanissetta riceve dei fondi destinati a progetti di giustizia riparativa e mediazione penale e di educazione alla legalità. Vi sono due tipologie di laboratorio: un primo laboratorio, “Ripartiamo dal gruppo” si dà l’obiettivo proprio di proporre un confronto tra i ragazzi detenuti per offrire una gestione delle dinamiche di gruppo volta ad evitare il conflitto. Un secondo laboratorio, prettamente di giustizia riparativa, interviene anche – così come previsto dal d.lgs 121/2018 – nel campo d’azione del consiglio di disciplina dell’istituto, ovvero qualora si creino i presupposti per intervenire a sanzionare un comportamento scorretto di un ragazzo detenuto. In questo caso, parallelamente alla sanzione disciplinare decisa dal Consiglio di disciplina, oppure in sua vece nel caso di comportamenti non gravi, saranno i coetanei del ragazzo insieme agli adulti di riferimento a proporre una sanzione riparativa. Le sanzioni riparative vengono discusse anche con il gruppo esterno di mediazione.

Sulla stessa linea di Caltanissetta anche gli istituti di Pontremoli, Potenza, Catania, Airola e Bari. In questi istituti, ci è stato detto nel corso delle visite, alla sanzione disciplinare del consiglio di disciplina è preferita, laddove possibile, una richiesta di riparazione del danno. 

A detta della direttrice dell’IPM di Firenze,  il sistema della giustizia riparativa consente di individualizzare alcune misure disciplinari a seconda dell’infrazione commessa e della personalità del ragazzo anche se la legge dovrebbe lasciare più spazio di decisione sul punto. 

Nell’IPM di Bari sarebbe addirittura residuale l’applicazione di sanzioni in conseguenza di comportamenti non conformi alle regole, in quanto si preferirebbe sempre il dialogo e la mediazione.

A Catania, Milano e Caltanissetta questo processo di inserimento della giustizia riparativa nel percorso trattamentale è accompagnato dal coinvolgimento degli enti, del mondo associazionistico e del volontariato del territorio. A Bologna è attivo un laboratorio di giustizia riparativa.

Mentre a Roma e Nisida ci è stato riferito il timore, nell’uso disciplinare di atti riparatori, di una non comprensione degli stessi da parte dei ragazzi che non sarebbero in grado di coglierne il fine.